martedì, febbraio 06, 2007

 

Il video di Romaprecaria.org



mercoledì, aprile 26, 2006

 

Beni comuni e nuovo welfare

il manifesto, 16 febbraio 2006
POLITICHE DEL LAVORO
Beni comuni e nuovo welfare
***
Uno spettro si aggira per l'Italia, lo spettro della povertà e della precarietà. L'indagine sui redditi delle famiglie italiane della Banca d'Italia dice che il 10% delle famiglie più ricche detiene il 27% della ricchezza, il 10% più povero solo il 2%. Nel periodo 2002-2004 i redditi dei lavoratori dipendenti si sono ridotti del 2% mentre quelli dei lavoratori indipendenti (soprattutto imprenditori e liberi professionisti) sono aumentati dell'11%. I dati del rapporto Istat 2005 sulla povertà in Italia confermano questi trend: quasi il 10% delle famiglie è sotto la soglia di povertà e oltre il 13% dei lavoratori/trici con un'attività lavorativa continuativa non raggiunge un reddito superiore alla soglia di povertà relativa. Negli ultimi
dieci anni, il grado di precarizzazione è aumentato sino ad interessare oggi più di un terzo dell'intera forza lavoro italiana, con punte di oltre il 60-65% per coloro che hanno meno di 35 anni.
Ciononostante, parlare di distribuzione del reddito oggi è come bestemmiare, e una riforma del welfare come strumento per combattere l'ineguaglianza sociale non fa parte dell'agenda politica.
Dall'interno del vasto panorama della sinistra - da quella radicale a quella riformista - due sono le alternative che ci vengono offerte: o gli interventi contro la precarietà che auspicano il ritorno a forme contrattuali subordinate di stampo fordista (Fiom, Prc, la proposta di legge popolare di www.pecariarestanca.it); o, sulla scia del pacchetto Treu, l'incremento della flessibilità come unico mezzo per garantire forme di occupabilità, anche tramite la reintroduzione aggiornata di
strumenti vecchi come le gabbie salariali (Ichino e i liberal-democratici). Da questo punto di vista, appare drammaticamente significativo il manifesto dei Ds «oggi precarietà, domani lavoro».
Sul tema della povertà, l'unica proposta finora presentata rimanda all'esperimento della Legge Turco di fine anni `90, finalizzata all'introduzione di un reddito minimo garantito, non universale, condizionato, insomma una forma assistenziale momentanea per i periodi di non lavoro. Lo stesso programma dell'Unione, come pure i tre volumi
editi dalla Fondazione Di Vittorio, presuppongono interventi compatibili con la filosofia del libero mercato, vincolato in parte da un intervento di regolamentazione pubblica. Il ripensamento della politica fiscale e del welfare appare una chimera (unica eccezione, le proposte di riforma degli ammortizzatori sociali).

Riteniamo invece - anche sulla base delle mobilitazioni sul lavoro precario promosse dalle Mayday - che sia necessario voltare pagina, e porre al centro della proposta politica una nuova idea di welfare congruente con le nuove leve dell'accumulazione capitalistica che caratterizza la fine del paradigma fordista-keynesiano. Il welfare
state keynesiano è stato il frutto di un compromesso fra la necessità del capitalismo di garantire stabilità lavorativa e di consumo per la valorizzazione della produzione di massa e le rivendicazioni sociali volte a garantire condizioni di vita più dignitose e umane. Anche oggi abbiamo bisogno di condizioni di vita più dignitose ed umane, ma le caratteristiche dell'accumulazione capitalistica sono mutate: il
passaggio al il capitalismo cognitivo impone nuove rivendicazioni economiche e sociali.

Il processo produttivo è caratterizzato sempre più da elementi immateriali legati alla capacità intellettiva e cognitiva. Prova ne sono la terziarizzazione dell'economia, le nuove modalità organizzative e strategiche adottate dalle imprese, basate su forti processi di apprendimento e su nuove di economie di scala, la
diffusione delle nuove tipologie contrattuali: non v'è differenza sostanziale tra occupazione e disoccupazione, esiste solo il lavoro intermittente, più o meno precarizzato o specializzato. Si potrebbe sostenere che la disoccupazione è lavoro non remunerato e che il lavoro è a sua volta disoccupazione remunerata. L'antica distinzione tra «lavoro» e «non lavoro» si risolve in quella tra «vita retribuita»
e «vita non retribuita».

Il welfare state novecentesco non è più in grado di creare le condizioni per entrare nel mercato del lavoro, né può garantire il diritto al lavoro. Un welfare adeguato alle domande del presente deve creare le condizioni perché ogni individuo residente in un territorio abbia la garanzia di un reddito stabile e continuativo che gli
consenta lo sviluppo delle sue capacità cognitive-creative (basic income) e gli assicuri il diritto di scelta del lavoro (ben diverso e più dirompente del diritto al lavoro).

Occorre anche prendere atto che la produzione e l'attività lavorativa non avvengono più in un luogo solo (fabbrica, ufficio, casa), ma sono disseminate in un territorio, fisico e virtuale. Attività produttiva e spazio tendono a coincidere; l'attività lavorativa è sempre più attività di relazione e interconnessione reticolare; sfuma anche la separazione tra produzione e consumo, produzione e riproduzione. Il welfare, per garantire come perno centrale della sua azione un reddito dignitoso incondizionato, deve riferirsi a un duplice livello spaziale: quello sopranazionale (nel caso nostro, l'Europa in primo luogo), si veda il rapporto Supiot) e quello locale.

Infine. Lo sviluppo del paradigma cognitivo di accumulazione tende sempre più a basarsi sullo sfruttamento di beni comuni, che sono allo stesso tempo individuali e sociali, perché frutto dell'agire sociale umano: i beni primari della terra (acqua, energia), e quelli (conoscenza, comunicazioni, informazioni) che risultano dalle
interconnessioni sociali su cui si basa la cooperazione sociale produttiva, e sulla cui espropriazione da parte dei poteri economici privati si basa altresì il principale dispositivo di creazione di ricchezza. La dicotomia privato - pubblico appare superata a vantaggio del concetto di proprietà comune. La preservazione dei beni comuni e la distribuzione sociale dei guadagni che il loro sfruttamento
comporta sono il nuovo obiettivo di un possibile welfare adeguato all'attuale struttura produttiva. E' questa la base da cui partire anche per una nuova politica fiscale.

E' necessario fare del bene comune una categoria politica basilare per costruire una logica istituzionale adeguata a una nuova società. A poche settimane dalle elezioni, siamo convinti che sia urgente e necessario affrontare questi temi in un confronto aperto tra le diverse anime della sinistra.

*** Beppe Allegri, Gabriele Ballarino, Papi Bronzini, Alex Foti, Stefano Lucarelli, Andrea Fumagalli, Massimo Mazza, Cristina Morini, Filippo Pretolani, Anna Simone e la lista Neurogreen

sabato, febbraio 18, 2006

 

Denaro gratis (Assalti Frontali)

denaro gratis
( s. grillandi / l. mascini )

dacci in fretta quello che ci spetta / dacci in fretta quello che ci spetta / dacci in fretta quello che ci spetta
dovete darci il denaro, il denaro / dovete darci il denaro e poi ne riparliamo
dovete darci il denaro, poi ne riparliamo, poi

forza, ora dividete la grana / siamo soci alla pari nella società umana / banchiere vieni in strada, datti una calmata / dacci il bottino tira fuori i soldi e paga / dacci il denaro il primo di ogni mese
mandiamo avanti il mondo e abbiamo spese / firma l'assegno dacci un taglio e fa il bravo
qui nessuno vuole essere il tuo schiavo / noi non abbiamo freni dove va il nostro passo / lì va la vita e tu vai all'incasso / e se ora il fratello punta al cuore dell' idiota / diretto al suo conto gira la ruota noi sappiamo quanto l' obbedienza e l'onestà / non porta in questa vita la felicità / perché di ricchezza nel mondo ce n'è, ma la parte che ci spetta adesso in tasca di chi è?

dovete darci il denaro, il denaro / dovete darci il denaro e poi ne riparliamo / dovete darci il denaro, poi ne riparliamo, poi / il tuo denaro è il nostro denaro / il tuo denaro è il nostro denaro il tuo denaro è il nostro denaro / il tuo denaro è il nostro denaro
dacci in fretta quello che ci spetta / dacci in fretta quello che ci spetta

la ricchezza della terra la facciamo noi / piramidi in egitto le abbiamo alzate noi / il fondo di miniere lo scaviamo noi / l'uomo sulle stelle ce lo mandiamo noi / ogni informazione ha sangue noi
ogni rivoluzione inizia solo se ci siamo noi / la ricchezza della terra la facciamo noi e ce n'è / ma la parte che ci spetta adesso in tasca di chi è? / grandi produttori dalle elementari / siamo sempre al lavoro e non bastano orari /con le nostre azioni voi incassate denari / coi nostri denari fate profitti stellari quando lo scrittore dà potenza alla rima / è la voce del banchiere che ha l'opzione per prima
quando un hacker forza accesso ai sistemi / è il banchiere che rivende risposte ai problemi
sono i biologi o no che lavorano ai geni? / banchieri aprivano e brevettano i semi / sono i medici o no che lavorano ai vaccini? / banchieri mettono brevetti sui nostri destini / ecco i parassiti, ecco la malattia succhiano, succhiano la nostra energia / poi fanno un break in polinesia a comprare / terre selvagge e fondali del mare / vola un aereo privato fiammante / cena in villa dell' amico presidente
parlano di quanta libertà, quante possibilità / ci sono in questa nostra società / ma se guardi bene tra i ricami tra tessuti e bottoni / c'è un'anima cucita di milioni di nomi che poi va a letto sul nudo pavimento / come un nuovo originale tipo di parcheggio a tempo

dovete darci il denaro, il denaro / dovete darci il denaro e poi ne riparliamo
dovete darci il denaro, poi ne riparliamo, poi!
il tuo denaro è il nostro denaro / il tuo denaro è il nostro denaro/ il tuo denaro è il nostro denaro il tuo denaro è il nostro denaro / dacci in fretta quello che ci spetta / dacci in fretta quello che ci spetta

yo! e 'sta città di chi pensi che sia? / 'sta città di chi pensi che sia? se al primo boom che succede nella via / tu corri, corri dai fucili della polizia
e 'sta città di chi pensi che sia? / 'sta città di chi pensi che sia? se al primo boom che succede nella via / tu corri, corri dai fucili della polizia
e chi credete davvero di essere voi? / chi credete davvero di essere voi? chi credete davvero di essere voi? / che prendete cinquecento volte più di noi

dovete darci il denaro, il denaro / dovete darci il denaro e poi ne riparliamo dovete darci il denaro, poi ne riparliamo, poi dacci in fretta quello che ci spetta / dacci in fretta quello che ci spetta / dacci in fretta quello che ci spetta dacci in fretta quello che ci spetta

 

Illy: reddito di cittadinanza in Friuli Venezia Giulia

Illy: reddito di cittadinanza

(regioni.it) Una forma di ''reddito di cittadinanza'' sara' varato dalla Regione Friuli Venezia con la legge di riordino del welfare regionale: lo ho reso noto il Presidente della Giunta Regionale, Riccardo Illy, precisando che non sara' una misura assistenziale. Si trattera', piuttosto di una forma di integrazione del reddito di persone che si trovino ''in condizione di necessita' e bisogno'' sia in forma strutturale, sia in via temporanea. Nel primo caso, il ''reddito di cittadinza'' potra' essere stabile; nel secondo - ha spiegato Illy - la misura sara' combinata con percorsi di formazione, riformazione e riqualificazione professionale finalizzati all' occupazione e potra' essere revocata nell' ipotesi in cui la persona non accettase il percorso di formazione professionale o il successivo lavoro. La riforma del welfare dovrebbe essere varata dal Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia all' inizio del prossimo anno.

(red/21.12.05)


(regioni.it)

 

L'indice del reddito nel mondo

Indice del reddito
La distribuzione del reddito, che si misura, tradizionalmente, con il cosiddetto Indice Gini (un indice che assume il valore 0 per un paese dove tutti hanno lo stesso reddito e il valore 1 per un paese dove tutto il reddito è concentrato in una sola persona), mostra ampie variazioni su scala mondiale e anche tra i paesi più sviluppati. Nel mondo si oscilla tra lo 0,2 della Slovacchia e lo 0,6 del Brasile, mentre nei paesi ricchi l'intervallo è più stretto e va dallo 0.23 dell'Austria allo 0.44 della Nuova Zelanda. Negli ultimi venti anni un gran numero di paesi, sia sviluppati che in via di sviluppo, ha conosciuto così un peggioramento nella distribuzione del reddito. Sugli ultimi 30 anni, secondo uno studio della Banca Mondiale (GEP 2001), si registrano casi di peggioramento e di miglioramento dell'ineguaglianza, ma dal momento che l'ineguaglianza interna è cresciuta in alcuni dei paesi più popolosi, complessivamente più persone sono state segnate da un aumento di ineguaglianza che da una diminuzione. E' difficile valutare se i processi di globalizzazione, intesi come l 'integrazione dei mercati, abbiano alleviato o esasperato le condizioni di povertà. Gli studi compiuti disegnano un quadro composito,dal quale non sembra possibile trarre conclusioni semplicistiche. Il tasso di apertura dei mercati interni al commercio estero non è probabilmente il fattore chiave delle trasformazioni intervenute. Più studi confermano che il tasso di apertura del commercio non è correlato con la distribuzione del reddito. Povertà e redditi sono influenzati in maniera altrettanto e forse più importante da altri elementi, come il cambiamento tecnologico, la produttività relativa, fattori istituzionali e politici (sindacalizzazione, politiche assistenziali e di tutela, altro). Negli anni '80, prima della transizione, l'indice di distribuzione del reddito era basso, cioè vi era una distribuzione con poca polarizzazione. Dopo la transizione tutti i paesi hanno sperimentato un peggioramento della distribuzione, di modesta entità in paesi come l'Ungheria o la Slovenia, di dimensioni maggiori nei paesi dell'ex-Unione Sovietica. In meno di un decennio la Russia, che era uno dei paesi meno polarizzati (un indice Gini di 0.24 nel 1988), è divenuta uno dei paesi più squilibrati (un indice Gini di 0,49 nel 1998, al livello di paesi latino americani), con una rapida mobilità verso il basso che ha fatto balzare la quota di popolazione povera dall'11% del periodo sovietico al 43% del 1996 (prima della crisi del 1998 che ha sicuramente aggravato questa condizione).
(Legambiente)

venerdì, febbraio 17, 2006

 

La precarietà uccide



 

Chi siamo


Campagna nazionale per il reddito

Attualmente in Italia, dieci milioni e mezzo di persone e forse più (anche se il Nidil dice che sono solo 4 e mezzo e il governo che non esistono), giovani e anziani, offrono, sia nel settore privato che in quello pubblico (spesso in tutti e due), le loro conoscenze e le loro specifiche abilità a realtà lavorative senza diritti, senza tutela e soprattutto senza un reddito garantito. Negli ultimi anni, il lavoro a tempo determinato si è esteso a macchia d’olio assumendo le fuorvianti diciture di contratto a termine, co.co.co., contratto a progetto, interinale, apprendista part-time, partita IVA, assegnista, borsista, collaboratore occasionale, freelance, ecc.. Tutto ciò ha spogliato i lavoratori e le lavoratrici della dignità, impedendogli di progettare il proprio futuro.

Non è questa l’Italia che vogliamo.
Non è questa l’Italia che può uscire dalla crisi.


I precari e le precarie sono convinti e sono convinte che la lotta alla precarietà e per il reddito sia fondamentale per il futuro, economico e sociale, del nostro paese e che debba essere il primo punto del programma dell’UNIONE, voltando pagina rispetto anche agli errori fatti dalla sinistra di governo.

Per questo vi chiediamo di sottoscrivere con noi questa “campagna” nazionale per il reddito. Una campagna di civiltà. Sottoscrivere non vuol dire tanto firmare inutili petizioni, quanto impegnarsi tutti i giorni, sul proprio posto di lavoro e nella propria città, per nuovi diritti e contro la precarietà.

I precari e le precarie propongono di unirsi in una lotta incessante su cui raccogliere molte migliaia di persone, per dare concretezza a questa battaglia.

Ci vediamo in piazza.


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